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Adriano Panatta: ricordi sparsi di una vita di tennis.

 

Adriano Panatta
Storica copertina di Topolino

…Adriano…Adriano…!!!!

40 anni fa, Roma, Parigi, la Coppa Davis, piccoletta ma c’ero…

Cresciuta a pane e racchette (allora in legno, pesanti, per nulla aereo dinamiche ma comunque  affascinanti), tra giornalisti rampanti e raffinati, tifosi entusiasti e giovani promesse della terra rossa, ecco il mio personale e sentito omaggio all’Adriano nazionale.

Con Adriano la vostra ghost writer condivide (gli strani casi della vita) coincidenze e date: il mio onomastico cade nel  giorno del suo compleanno, il mio nome è quello del più celebre e chiaccherato dei suoi colpi, quella Veronica direttamente mutuata dalla tradizione dei toreri che tanto esaltava il pubblico per eleganza e plasticità… destino? Chissà…

Certo che da piccola deve avermi considerata un minuscolo (letteralmente parlando) incubo: le sue incursioni in terra reggiana coincidevano con vere e proprie crisi isteriche da parte mia, pianti, urla e fuggi fuggi il più lontano possibile dal campione. Lui, giovane ed affascinante a confrontarsi con una piccoletta che manco un esorcista avrebbe potuto tranqullizzare, lui adorato e già pluri vincitore che manco poteva avvicinarmi tanto i miei lamenti erano chiassosi e disperati (lo giuro sul blog, ancora non capisco cosa mi prendesse).

Crescendo la situazione è decisamente migliorata anche se non sono del tutto convinta che Adriano abbia mai dimenticato le mie “scene madri”(arriverà il giorno in cui glielo chiederò).

Adriano Panatta
Un alternativo Adriano snodabile

Adriano è quel che si può definire un vero e proprio personaggio: carismatico, ironico, dall’innegabile fascino guascone. La battuta pronta e definitiva, lo spirito di convivialità, i modi schietti ma eleganti e non ultimo quel certo non so che da ragazzaccio hanno contribuito a renderlo leggenda al di là dell’indiscutibili doti tennistiche.

Anni fa ho avuto modo di assistere ad un incontro accanto a lui proprio su quei campi parigini in terra rossa del Roland Garros che lo avevano visto trionfare non poco tempo addietro:“Verò mi aaccompagni a prendere un gelato?” E quello è diventato il gelato più lungo della mia vita… Ad ogni passo richieste di autografi e foto (non era ancora tempo di selfie e mi vennero affidate diverse macchinette per fermare l’istante), strette di mano al grido “Panattà, Panattà”, come se quella storica vittoria fosse stata solo di qualche minuto prima. Io, piccoletta un poco cresciuta a guardarlo rispondere con disinvoltura a tutte le richieste, tra battute e pacche sulla schiena con quella sua innegabile capacità di avere con i tifosi una complicità tutta sua che in pochissimi hanno saputo replicare e quella sua spontaneità realmente divertita.

Adriano Panatta
Potrebbe mancare la mascotte?

Adriano è uno di quelli che “tiene banco”, capace di colorare le storie della sua vita e non solo, di coinvolgere e stupire, vivere e divertirsi, un leader naturale in grado di prendere in giro in primis proprio se stesso.

Tanto tempo fa (passata l’epoca delle sceneggiate e subentrata quella della tipica timidezza adolescenziale) tenne una epocale esibizione nella mia città organizzata dal papà che avevamo in comune (il mio che era anche il suo putativo) contro l’orsetto svedese, quel Bjorn Borg amico e complice di sempre. A fine partita, in un palazzetto gremito ed entusiasta, mi si avvicinò con fare sospetto. Di primo acchito, non lo nego, la mia reazione fu quella di darsela a gambe prima che qualche reminescenza infantile si impadronisse del mio corpo. Rimasi. Ed un istante dopo mi ritrovai tra le mani, come dono, la sua mitica racchetta in legno ancora calda dei colpi. Era la leggendaria” Panatta Wip” che fan, simpatizzanti e tennisti in erba dovevano assolutamente possedere per sentirsi Adriano per un giorno. Quella racchetta me la invidiarono in tanti, molti la vollero maneggiare, qualcuno ci simulò un rovescio, nessuno ci gioco più .

Adriano Panatta
Leggenda